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Anatomia funzionale dell'apparato muscolo tendineo

La muscolatura scheletrica rappresenta il 40% circa del peso corporeo di un individuo adulto di sesso maschile, di peso e conformazione normali. L’unità funzionale dell’apparato muscolare è rappresentata del muscolo che consta di diverse parti: il ventre muscolare, il tendine prossimale e quello distale; la giunzione muscolo-tendinea e la giunzione osteo-tendinea. Il ventre muscolare è l'elemento più nobile del muscolo, poiché a lei è affidata la contrattilità, è formato dall’insieme di numerose fibre che rappresentano le unità funzionali del muscolo stesso. Ogni singola fibra si presenta di forma cilindrica notevolmente allungata, con apici arrotondati, di lunghezza variabile dai 10 ai 100 micron. Le numerose fibre muscolari si accollano l’una all’altra nel senso della lunghezza per formare una prima serie di fasci muscolari (fasci primari). Più fasci primari si uniscono a formare i fasci secondari e questi ultimi a formare i fasci terziari. Gli elementi così costituiti sono circondati da tessuto connettivo fibro-elastico, costituente la sostanza cementante inter e perifasciale, il perimisio. Possiamo distinguere i muscoli lunghi, il cui diametro longitudinale prevale su quello trasversale, si trovano soprattutto negli arti e possono essere suddivisi in superficiali e profondi. I muscoli larghi, i cui diametri, longitudinale e trasversale, si equivalgono, mentre lo spessore è notevolmente inferiore, possono presentare diverse forme: romboidea, a ventaglio, quadrangolare ecc. Infine i muscoli brevi, normalmente disposti intorno alle articolazioni, di forma diversa, sono capaci di sviluppare una notevole forza ma un movimento modesto. Ogni singolo muscolo presenta una vascolarizzazione imponente, affidata ad uno o più vasi arteriosi che penetrano nel muscolo, isolatamente o insieme ad un nervo o ad uno o più vasi venosi a formare il peduncolo vascolo nervoso. Il circolo arterioso, oltre contrarre numerosi anastomosi perimuscolari ed endomuscolari, realizza una fittissima rete capillare, con elementi a decorso molto sinuoso, che si estendono sino alle singole fibre muscolari. L’irrorazione ematica di un muscolo è proporzionale allo stato d’attività del muscolo stesso e ciò ad opera del maggiore o minore numero di capillari in funzione: l’innervazione è affidata, quasi costantemente, ad un nervo unico che penetra nel ventre muscolare isolatamente o insieme all’arteria, per formare il peduncolo pascolo nervoso. Ogni singolo tronco nervoso presenta delle fibre motrici che conducono gli impulsi per la contrazione a fibre sensitive, conduttive di stimoli della sensibilità muscolare. Sensibilità accentuata in caso di contrattura, stiramento contrazione ecc. Altro elemento fondamentale dell’unità funzionale dell’apparato è il tendine. Congiunge la parte contrattile alla leva scheletrica (muscolo – osso). Il tendine è formato da fibre connettivali, riunite in fasci, circondati da tessuto connettivo lasso. Il tessuto tendineo, al contrario di quello muscolare, è modestamente elastico, tanto da non poter sopportare un allungamento che superi il 5% della sua lunghezza. E’ particolarmente resistente alla trazione; può controllare oltre 500 Kg. Di trazione per cm. quadrato. Per questo motivo è frequente come patologia, lo strappo muscolare ed il distaccamento di porzione ossea collegata al tendine. Assolutamente raro lo strappo del tendine. I tendini sono di forma veramente varia e strettamente dipendente non solo dalla forma del muscolo d’appartenenza, ma anche dal tipo d’azione che esso esercita. Mentre la lunghezza è in relazione con quella del muscolo e con l’ampiezza del movimento che si svolge nell’articolazione corrispondente, lo spessore è in rapporto diretto con il diametro muscolare. Circa 1 a 30 per i muscoli deboli e 1 a 20 per quelli potenti. La vascolarizzazione del tendine è meno ricca di quella muscolare, per molti studiosi non esisterebbe un’irrorazione propria, poiché essa deriverebbe da quella muscolare. Fra il ventre muscolare ed il tendine esiste una zona di passaggio detta: giunzione muscolo tendinea, in cui la fibra muscolare sì “fonde” con quella tendinea con un rapporto di continuità. Tale zona ha la caratteristica di una notevole resistenza alle forze di trazione, tanto che un muscolo eccessivamente disteso, difficilmente si lacera in tale sede, ma generalmente in corrispondenza del tessuto muscolare. La giunzione può essere immediata, quando la direzione della fibra tendinea è la stessa di quella muscolare o laterale, quando i fasci tendinei incidono obliquamente su quelli muscolari, con varie direzioni. La giunzione osteo tendinea è quella parte del muscolo che mette in rapporto i tendini, prossimale e distale, con la leva scheletrica. La parte più nobile del muscolo è rappresentata dal ventre muscolare che possiede alcune proprietà peculiari. La prima è l’estensibilità (capacità di allungarsi). L’altra proprietà è la capacità di riacquistare le caratteristiche di partenza dopo la contrazione o dopo l’allungamento. Essa consente la continuità, la regolarità e l’armonia nel movimento. La terza caratteristica è la contrattilità, ossia la capacità del tessuto muscolare di accorciarsi avvicinando i propri punti d’inserzione. La contrazione, che avviene con mutazione di forma ma non di volume, realizza il movimento e produce potenza muscolare. Quest’ultima è proporzionata alla quantità di fibre muscolari che compongono il muscolo ed al numero delle miofibrille presenti nella fibra muscolare. L’aumento delle miofibrille nella fibra è l’ipertrofia muscolare, ottenibile con l’allenamento. L’accorciamento che si produce dopo la contrazione, è proporzionale al numero e dalla dimensione delle fibre stesse. Deriva che un muscolo corto e largo, può realizzare una forza notevole ma un movimento limitato, mentre un muscolo lungo ed esile, può realizzare una forza modesta ma un movimento esteso con ampio arco di circonferenza.. Nell’architettura dell’apparato locomotore, il movimento è attuato attraverso lo sfruttamento di sistemi di leve che rendono possibile e vantaggiosa l’attività muscolare. La leva può essere di primo, secondo o terzo genere, a seconda che al centro del sistema vi sia, rispettivamente il fulcro, la resistenza o la potenza. Nell’ambito dell’apparato osteo articolare, la potenza è rappresentata dalla forza muscolare, la resistenza dal peso del segmento scheletrico, o una resistenza proveniente da vettori aventi diverso orientamento rispetto quello di gravità. E’ il caso delle macchine presenti nelle palestre di Body Building (Leg extensior, leg curl, poli ercolina ecc.). Il fulcro è l’asse di rotazione dell’articolazione nella quale avviene il movimento. Esempio: il tricipite brachiale (potenza), l’articolazione del gomito (fulcro) ed un manubrio impugnato dalla mano (resistenza). Al manubrio possiamo associare il peso dell’arto e l’azione antagonista del bicipite brachiale. Esempio: il tricipite surale (polpaccio) è la potenza, il peso del corpo è la resistenza, mentre l’avampiede costituisce il fulcro. L’asse di rotazione articolare è l’articolazione della caviglia. Esempio: l’articolazione del ginocchio (fulcro), il muscolo quadricipite femorale (potenza), il peso della gamba e del piede ed eventuale resistenza applicata (resistenza).. Poiché da un punto di vista meccanico, non tutte le leve sono vantaggiose, la natura ricorre ad alcuni espedienti per modificare positivamente le possibilità del muscolo. E’ il caso della rotula, spostando anteriormente il tendine rotuleo, ne favorisce l’inserzione sulla tuberosità tibiale anteriore con una minore obliquità, rispetto all’asse longitudinale della tibia. Il rapporto fra resistenza e potenza sarà così modificato, a favore della potenza. Anche il tipo d’inserzione del tricipite surale (polpaccio), totalmente nella parte posteriore del calcagno, favorisce la maggiore vantaggiosità della leva. Oltre ad un effetto propriamente dinamico del muscolo, la realizzazione del movimento, dobbiamo considerare altri due effetti della forza muscolare: quello statico e quello di rallentamento. Il primo si manifesta quando la contrazione muscolare fa equilibrio ad altre forze senza imprimere alcun movimento, o quando la contrazione serve a stabilizzare un’articolazione, per permettere lo svolgersi dell’azione d’altri gruppi muscolari. Avviene nell’articolazione della spalla, quando il deltoide in contrazione statica, fissa la posizione d’abduzione di 80/90°°dell’arto superiore, onde permettere l’intervento d’altri gruppi muscolari che completano l’abduzione sino a 150/160°. Mi riferisco ai muscoli: trapezio e gran dentato. L’effetto di rallentamento è caratterizzato dall’opposizione graduale di una o più leve muscolari all’azione di altre forze. Ad esempio, i muscoli intrinseci della pianta del piede, si oppongono allo schiacciamento dell’arco plantare nelle cadute dall’alto, al momento del contatto con il suolo. Infine, l’azione muscolare può esplicarsi su di un’unica articolazione a mezzo dei muscoli monoarticolari, generalmente brevi e particolarmente potenti. Può svolgersi anche su più articolazioni con i muscoli biarticolari e poliarticolari, caratteristicamente lunghi e sottili, capaci di provocare un ampio movimento. Tutti i muscoli, sia i monoarticolari sia i biarticolari e poliarticolari, possono agire, contemporaneamente, in modo più o meno energico, per realizzare uno stesso movimento. In questo caso si parlerà di muscoli agonisti (lo squat, le distensioni su panca, il salto in alto, ecc.). A questi si opporranno i muscoli antagonisti, la cui contrazione determina un movimento articolare, esattamente opposto.

 

 

Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Supervisore
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147

 

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